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Le radici economiche della più popolare delle criptovalute vengono spesso individuate nel pensiero della scuola austriaca. È vero che l’ideologia del Bitcoin presenta evidenti affinità con questa scuola: ci basti pensare alla comune avversione ai governi e alle banche centrali, al giudizio negativo riguardo gli effetti dell’inflazione, al libertarianesimo che fa da sfondo ad entrambe le concezioni. È anche vero, però, che Bitcoin e scuola austriaca, nonostante le apparenze, non possono dirsi del tutto compatibili.

 

Innanzitutto, Matonis (2011) indica come alcuni libertariani abbiano manifestato una certa ostilità nei confronti del Bitcoin perché: 1) non avrebbe un valore intrinseco come l’oro e 2) fallirebbe nel soddisfare il Teorema della Regressione di Mises in quanto non avrebbe mai avuto un valore di uso radicato in un bene a cui viene riconosciuto un determinato potere d’acquisto.

 

Come indica Matonis, però, queste critiche possono essere efficacemente neutralizzate osservando come il Bitcoin abbia, in effetti, un valore intrinseco pari ai non indifferenti costi di produzione della moneta digitale. Essendo poi il network del Bitcoin immune al controllo statale e non potendo le unità di moneta essere confiscabili da un’autorità centrale, ci sono quindi elementi a sufficienza, a detta di Matonis, per sostenere che tale moneta digitale sia esente dal Teorema della Regressione di Mises.

 

Messe da parte queste critiche, la compatibilità tra Bitcoin e scuola austriaca sembrerebbe confermata. Ne siamo sicuri? Nelle pagine de “La denazionalizzazione della moneta” di Hayek (1976) si cela una critica mortale ai meccanismi che sarebbero andati a sottostare al Bitcoin.

 

Si parta dalle quattro funzioni classiche della moneta: essa deve essere adeguata come mezzo di scambio, unità di conto, riferimento per pagamenti dilazionati e riserva di valore. Citando Hayek (1976), tali usi della moneta sono, semplicemente, conseguenze della funzione fondamentale della moneta quale mezzo di scambio e solo in condizioni eccezionali, come in caso di rapido apprezzamento, se ne separano. Una valuta che non è in grado di garantire queste quattro funzioni non può definirsi tale.

 

Hayek (1976) ritiene che l’instabilità monetaria metta a rischio gli ultimi tre usi della moneta, indicando anche la non-desiderabilità di una moneta deflazionistica. Come unità di conto, una moneta instabile non permetterebbe calcoli realistici; come standard per pagamenti differiti, una moneta che si rivaluta sarebbe una manna per chi presta ma non per chi prende in prestito, e il contrario varrebbe per una moneta che si svaluta; come riserva di valore, chi detiene liquidità preferirebbe una valuta che si apprezza, ma, di nuovo, prendere denaro in prestito non sarebbe vantaggioso.

 

È chiaro che il Bitcoin dà il suo meglio come mezzo di scambio. (Money from Nothing, 2014) Gli utenti possono trasferire denaro in ogni parte del mondo riducendo i costi di transazione al minimo e vedendo loro garantito anche un certo livello di anonimato. Ma la volatilità inscritta all’interno della moneta stessa, dovuta al fatto che il sistema non può regolare la liquidità monetaria in funzione della domanda, rende il Bitcoin inadeguato come riserva di valore e standard per i pagamenti differiti, impedendo che il Bitcoin diventi un’unità di conto e che, a sua volta, possa sostituire le valute tradizionali (Bitcoin’s deflation problem, 2014). Il Bitcoin, quindi, non può garantire tutte e quattro le funzioni fondamentali della moneta.

 

E non può farlo proprio a causa della sua volatilità. La volatilità insita nel Bitcoin proviene dal fatto che chi ha creato questa valuta digitale voleva contrastare il male dell’inflazione togliendo potere alle banche centrali, ma ha ritenuto che irrigidire la creazione di moneta fosse l’unico sistema per ottenere questo fine. Hayek (1976), contrastava proprio questo postulato: in un sistema di libera concorrenza tra monete private emesse da banche d’emissione, l’autore escludeva l’idea che queste banche dovessero limitare la creazione di moneta, senza tener conto in alcun modo della domanda. Hayek, anzi, insisteva che esse avrebbero dovuto intervenire nel mercato riducendo o aumentando la liquidità in circolazione proprio per cercare di mantenere i prezzi più stabili possibili in base ad un paniere di riferimento. E la stabilità sarebbe stata garantita proprio dal fatto che, in un regime di libero mercato di valute, il pubblico avrebbe scelto la moneta che meglio avrebbe conservato il proprio valore. E, sostiene l’autore, la moneta è l’unica cosa che la concorrenza non riesca a rendere meno costosa, perché la sua attrattiva deriva dal fatto che essa conservi il suo potere d’acquisto, vale a dire che si mantenga “appetibile”.

 

Il Bitcoin, quindi, dovrebbe permettere un’espansione monetaria che si adatti ad una domanda in continua crescita. Ma l’emissione monetaria del Bitcoin non è in alcun modo elastica: 25 nuovi Bitcoin sono emessi ogni 10 minuti e questa cifra è destinata a ridursi ogni 4 anni finché la cifra totale di Bitcoin in circolazione non avrà raggiunto i 21 milioni. Non esiste nessun meccanismo automatico per incrementare la liquidità garantendo la stabilità dei prezzi in funzione della domanda, al cui aumentare il Bitcoin non può fare a meno di apprezzarsi. La modifica automatica del livello di difficoltà di risoluzione del proof of work non è una soluzione al problema, perché interviene solo dal lato dell’offerta modificando solo i costi di produzione del BTC, e non la quantità. Insomma, usando proprio le parole di Hayek (1976): [u]n livello di prezzi stabile e un livello di occupazione stabile ed elevato non richiedono né permettono che la quantità totale di moneta sia mantenuta costante o muti a un tasso costante. […] Mantenere costante la quantità di moneta non assicura che il flusso della moneta rimarrà costante e, per far sì che il flusso della moneta si comporti nella maniera desiderata, l’offerta di denaro deve possedere una considerevole elasticità.

 

Quindi, l’impossibilità del Bitcoin di garantire la stabilità dei prezzi non sarebbe certo piaciuta all’economista austriaco, il quale, però, avrebbe forse apprezzato l’influsso che il Bitcoin ha avuto nel creare e diffondere il fenomeno più ampio delle criptovalute. Hayek sosteneva che un libero mercato di valute private in competizione avrebbe automaticamente converso verso la stabilità monetaria: abbattuto il monopolio statale nell’emissione di moneta, le monete instabili, deflazionistiche o inflazionistiche non avrebbero potuto garantire tutte le funzioni della moneta e sarebbero quindi finite, in un regime di libera concorrenza, per non essere accettate come mezzo di scambio. In questo modo, le cattive monete – senza sconti per le valute legali – sarebbero state scartate da un sistema che avrebbe separato automaticamente il grano dalla gramigna, mettendo al sicuro tutte e quattro le funzioni della moneta. Ora, esistono tante criptovalute diverse nella forma e nella funzione rispetto al Bitcoin, ma possiamo davvero parlare di concorrenza? Possiamo dire che la concorrenza tra queste valute digitali abbia innescato una dinamica virtuosa in grado di soppiantare l’attuale sistema monetario e garantire una diffusa stabilità dei prezzi?

 

No, non possiamo parlare di concorrenza: se andiamo a vedere quanti pochi mercanti e quante poche piattaforme di scambio accettano criptovalute diverse dal Bitcoin, intuiamo subito la scarsa rilevanza di queste valute alternative. Quali incentivi avrebbero mercanti e piattaforme di scambio ad accettare criptovalute diverse dal Bitcoin?

 

Il Bitcoin, infatti, ha un valore socialmente riconosciuto: è accettato quasi ovunque in rete e anche da attività che operano nel mondo reale. Il Bitcoin è un fenomeno sociale tanto quanto economico, la cui viralità ha di certo contribuito a diffondere a legittimare la moneta agli occhi del pubblico. Non può dirsi lo stesso delle altre criptovalute, eccezion fatta, forse, per il Litecoin. Perché qualcuno dovrebbe accettare monete oscure e scarsamente diffuse?

 

Inolte, il Bitcoin è una moneta progettata per apprezzarsi, a patto che la domanda continui a crescere. Altre criptovalute potrebbero cercare di assicurare la stabilità dei prezzi, ma perché qualcuno dovrebbe accettare moneta che non si apprezza quando c’è il Bitcoin? Secondo Hayek, l’impossibilità di prendere in prestito denaro che si apprezza avrebbe portato alla scomparsa di una moneta di questo tipo. Ma il Bitcoin non si è ancora fatto da parte, ed è difficile non solo prevedere se e quando lo farà, ma anche quali effetti una sua eventuale scomparsa potrebbe provocare sul fenomeno delle criptovalute.

 

Il Bitcoin non può sostituirsi alle valute legali né garantire la sua stabilità. È una moneta parassita che vive sulle spalle dell’attuale sistema monetario, la cui appetibilità sta nella sua volatilità. È un errore pensare che le altre criptovalute abbiano guadagnato qualcosa dal suo enorme successo. Finora il Bitcoin ha solo saturato il mercato e impedito che la maggior parte delle altre valute digitali potesse garantire appieno la funzione di mezzo di scambio. Alla luce di queste considerazioni, possiamo dire che sì, il Bitcoin, probabilmente, non sarebbe piaciuto così tanto ad Hayek.

 

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Bitcoin’s deflation problem; The Economist (3 Aprile 2014); disponibile all’indirizzo http://www.economist.com/blogs/freeexchange/2014/04/money?fsrc=rss

 

von Hayek, Friedrich A. (1976); La denazionalizzazione della moneta, analisi teorica e pratica della competizione tra valute; Etas Editore

 

Matonis, Jon (2011); Why are libertarians against Bitcoin?; disponibile all’indirizzo http://themonetaryfuture.blogspot.it/2011/06/why-are-libertarians-against-bitcoin.html

 

Money From Nothing; The Economist (15 Marzo 2014); disponibile all’indirizzo http://www.economist.com/news/finance-and-economics/21599053-chronic-deflation-may-keep-bitcoin-displacing-its-fiat-rivals-money