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Se c’è un aspetto che da sempre ha caratterizzato l’economia del Bitcoin, questo è la forte tendenza deflazionistica, programmata nella valuta stessa. Questa è una tendenza fisiologica: i miner offrono la loro potenza computazionale per convalidare le transazioni del network -racchiuse all’interno di blocchi, e sono ricompensati con nuovi Bitcoin in cambio del loro servizio. Questo è l’unico modo in cui nuovi Bitcoin vengono immessi in circolazione: il sistema è interamente decentralizzato e non esistono banche centrali. Convalidare le transazioni diventa progressivamente più difficile e, perché i miner siano incentivati a dedicare risorse sempre più elevate per continuare questo indispensabile processo, è necessario che il Bitcoin continui ad apprezzarsi. L’analogia tra il miner e il cercatore d’oro –metallist analogy (Maurer, Nelms & Swartz)- è voluta: come un metallo prezioso, infatti, il Bitcoin è una risorsa finita -non più di 21mln di BTC verrano mai emessi- che diventa sempre più scarsa -il pay-out per ogni blocco risolto si riduce con il tempo.

 

Non solo, ci sono anche vettori ideologici dietro a questa tendenza. Il Bitcoin è chiaramente figlio di una concezione economica ben precisa, estremamente ostile all’intervento delle banche centrali, tornata alla ribalta dopo la crisi del 2008 e gli interventi di quantitative easing ed easy money messi in atto dalla FED e da altre banche centrali in giro per il mondo. Interventi che, con l’immissione di ingente liquidità nel sistema per salvare le banche dalla crisi di liquidità dovuta alla perdita di valore dei titoli in derivati, hanno impopolarmente portato il dollaro a inflazionarsi, con conseguente perdita di valore del risparmio privato. Quando Satoshi Nakamoto scrisse nel 2008 quel documento che divenne l’atto di nascita del Bitcoin, arrivò nel posto giusto al momento giusto. Anche se nelle intenzioni di Nakamoto il Bitcoin doveva risolvere altri problemi -nello specifico, era principalmente interessato a rendere più semplici, anonimi e sicuri i pagamenti online-, il seal of approval della scuola austriaca è arrivato quasi subito e senza proteste.

 

In particolare, il mondo del Bitcoin e delle criptovalute non è tanto diverso da quello immaginato da Friedrich von Hayek quando, in opere come The Denationalization of Money, paventava la fine del monopolio governativo nell’emissione di moneta, suggerendo che istituzioni private avrebbero dovuto stampare il proprio denaro indipendentemente, competendo nel mercato con altre valute private. In accordo con molti economisti della scuola austriaca, poi, spesso i sostenitori del Bitcoin ripudiano il fractional-reserve banking -impossibile nell’economia del Bitcoin- e si augurano il ritorno del gold standard -la metallist analogy con l’oro, come abbiamo visto, conferma questa visione; ironico, considerato che il Bitcoin non ha alcun valore intrinseco.

 

Ora, dato che l’offerta non può essere adeguata alla domanda -l’espansione monetaria è, abbiamo visto, controllata-, più si diffonde l’utilizzo del Bitcoin, più cresce il suo valore. Il costo di beni e servizi in BTC crolla, e il BTC deflaziona. Secondo i sostenitori del Bitcoin, la deflazione non è un problema per la valuta digitale. Secondo altri economisti, con i keynesiani in prima linea, è, invece, un problema serio. Paul Krugman, per esempio, insiste che il Bitcoin, mentre rimane un ottimo medium of exchange, non è uno stabile store of value e non è chiaro come possa diventarlo. Sotto accusa, da parte di tutti i keynesiani, è la tendenza deflattiva del BTC, che incentiverebbe individui e imprese ad accumulare denaro -in gergo hoarding– piuttosto che investirlo.

 

Altri studiosi, come Brian P. Hanley, giungono alla conclusione che il Bitcoin non è altro che un’opportunità di investimento speculativo, e che non può in alcun modo sostituirsi alle valute legali perché, per la sua stessa esistenza, dipende da esse. Inoltre, insiste Hanley, non potendo espandere la sua base monetaria, il Bitcoin dovrebbe apprezzarsi più di quanto ogni bene di valore si sia mai apprezzato nella storia umana, solo per raggiungere il peso di una qualsiasi altra valuta legale. Con un apprezzamento del genere, nessun attore razionale spenderebbe più i suoi Bitcoin. Per questo motivo, molti commentatori hanno accusato il Bitcoin di essere più simile a uno schema di Ponzi che a una valuta. Se non altro, fino a Dicembre 2013, la speculazione ha fatto gonfiare il valore della valuta digitale, e molti si aspettavano lo scoppio della bolla.

 

Così non è stato. La bolla del Bitcoin non è esplosa, ma si è sgonfiata. Da Dicembre 2013, il Bitcoin ha continuato a perdere valore (cryptocoincharts.info), ma non c’è stata nessuna corsa ad abbandonare la nave: non ce n’era motivo. La speculazione ha servito un fine superiore: quello di estendere il network del Bitcoin, attraendo nuovi user accecati da quello che sembrava un investimento facile. Quando il Bitcoin ha iniziato la sua fase discendente, il network che si era costruito attorno era già abbastanza grande da attutire l’impatto. Il Bitcoin continua a essere usato per quello che è: un sistema di pagamento online senza intermediari, veloce, sicuro e relativamente anonimo. Tolta la speculazione, questo è quello che dà valore al Bitcoin.

 

Ma il Bitcoin perde valore, e senza apprezzarsi il Bitcoin non può esistere. O no? Se il Bitcoin però inizia a perdere di valore, prima o poi per i miner non sarà più conveniente convalidare nuovi blocchi. I miner non usano il proprio personal computer per svolgere la loro attività. No, hanno bisogno di hardware dedicato, costoso, rumoroso e grosso quanto un armadio, ad altissimo consumo energetico. Più la difficoltà per risolvere nuovi blocchi diventa alta, più questi costi aumenteranno. Ma se il Bitcoin perde valore, presto o tardi per i miner non sarebbe più conveniente sostenere questi costi. Questo non solo vorrebbe dire che non verrebbero più immessi Bitcoin nel mercato, ma anche che sarebbe impossibile effettuare nuove transazioni. L’economia della valuta digitale appassirebbe in un attimo.

 

Questo ci porta a un interrogativo: stiamo assistendo alla fine del Bitcoin? Qui sta il punto. Il fatto che il Bitcoin stia perdendo valore non vuol dire che esso non deflazionerà mai più. Sgonfiata la bolla e riassestata la domanda, il Bitcoin potrebbe anche tornare a deflazionare. È programmato per funzionare così. Questo, però, ci riporta al punto di partenza: è bene o male che deflazioni?  E se ricominciasse a deflazionare, non scoppierà un’altra bolla? Un’altra bolla estenderebbe ancora una volta l’user base del BTC? E, soprattutto, questi cicli speculativi non sono un problema per una valuta digitale che si propone di sostituirsi alle valute legali? Di nuovo la questione torna in mano agli economisti.

 

Molti commentatori, infine, sembrano ignorare una caratteristica fondamentale delle valute digitali: sono tante e tutte diverse. Il software del Bitcoin è open-source: in questo modo creare nuove criptovalute non solo è facile, ma è anche incoraggiato dagli sviluppatori stessi del Bitcoin. Molte criptovalute -come il Litecoin- non vivono quasi più all’ombra del Bitcoin. Altre ancora, anche se poco note al pubblico, offrono protocolli innovativi basati sul Proof of Stake piuttosto che sul Proof of Work che potrebbero impedire che il coin sia costretto ad apprezzarsi per sostenere i costi del mining -un esempio: Peercoin e Blackcoin. Anche se il Bitcoin crollasse, è probabile che queste e molte altre criptovalute sopravvivranno.

 

Potrebbe innescarsi quindi un processo di “criptoselezione naturale”. In uno scenario non dissimile da quello immaginato da Hayek, la competizione tra criptovalute potrebbe correggere i peccati del Bitcoin e portare alla ribalta una prole di criptovalute meno volatili e più sicure, in grado di competere seriamente con le valute legali. Non solo, questo libero mercato di denaro digitale potrebbe affinare altre caratteristiche del Bitcoin: nuovi protocolli per nuove criptovalute -come già nel caso del Darkcoin- potrebbero garantire livelli di anonimato ancora superiori, causando non pochi grattacapi alle autorità nazionali.

 

Non è perciò assurdo ipotizzare che, all’oro del Bitcoin, potrebbe prima o poi sostituirsi l’argento delle altre criptovalute. Pensare che le criptovalute cadranno da sole sarebbe ingenuo: nel loro insieme, sono più forti di quanto si creda e non vanno sottovalutate. Le critiche al Bitcoin vanno spesso a battere sulla sua stabilità economica, sul suo uso illegale e sulla privacy che garantisce. Sono tutte critiche che non guardano ai fratelli del Bitcoin e che aggirano la radice del problema: le basi ideologiche di questa valuta digitale raramente vengono criticate. Certo, che il Bitcoin si sostituisca ad una valuta legale è impossibile: per sostituirsi al denaro reale, il BTC dovrebbe apprezzarsi così tanto da impedire che possa essere utilizzato come una valuta. Che un pool di criptovalute possa prima o poi sostituirsi alle valute legali non è, però, fantascienza. Ed il rischio non è solo che il denaro virtuale si sostituisca a quello reale, ma anche che certe teorie economiche si diffondano silenziosamente senza che nemmeno gli user se ne rendano conto. È innegabile che, accanto alla diffusione del Bitcoin cresca una tacita adesione alle teorie economiche della scuola austriaca. La totale mancanza di un dibattito democratico sulla materia è indicativa della gravità della questione. Queste disruptive technologies figlie di un sempre più invasivo “Silicon Consensus” stanno rapidamente imponendo standard raramente messi in discussione. Diffondere maggiore consapevolezza sul tema diventa a questo punto una priorità assoluta.

 

 

 

 

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Satoshi Nakamoto, 2008, Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System, https://bitcoin.org/bitcoin.pdf

 

Bill Maurer, Taylor C NElms & Lana Swartz, 2013, “When perhaps the real problem is money itself!”: the practical materiality of Bitcoin, Social Semiotics, http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/10350330.2013.777594#.U24mh61_vaN

 

Brian P. Hanley, 2013, The False Premises and Promises of Bitcoin, http://arxiv.org/pdf/1312.2048v6.pdf

 

Paul Krugman, New York Times Blog, Accessed May 10 2014, http://krugman.blogs.nytimes.com/2013/12/28/bitcoin-is-evil/?_php=true&_type=blogs&_r=0

 

Bitcoin Wiki, Controlled Supply, Accessed May 10 2014, https://en.bitcoin.it/wiki/Controlled_supply

 

Cryptocoincharts.info, Accessed May 10 2014, http://www.cryptocoincharts.info/v2/pair/btc/usd/bitstamp/1-year