L’appello di Rethinking Economics e di ISIPE a portare il pluralismo nell’insegnamento dell’economia non è andato a vuoto. Siamo lieti di constatare che l’entusiasmo con cui gli studenti – italiani e non – hanno aderito al nostro manifesto e diffuso i principi di Rethinking Economics, abbia segnato concretamente il modo in cui viene insegnata l’economia in alcune istituzioni. L’intervento pubblicato qui sotto è del dr Ivano Cardinale, che ci ha parlato del nuovo BA in Economics del Goldsmiths, uno tra i primi percorsi undergraduate che -in linea coi principi di Rethinking Economics- si pone di offrire un approccio pluralista all’insegnamento dell’Economia. Con questo post, Rethinking Economics Italia e i suoi membri non hanno intenzione di promuovere né Goldsmith né il suo corso, ma di porsi come spazio aperto di discussione sull’insegnamento pluralista dell’economia. Consideriamo l’esperienza personale del dr. Cardinale fondamentale a questo fine, così come quelle degli altri docenti (e non) intenzionati a raccontare sul nostro blog la loro idea di pluralismo e come hanno avuto occasione di tradurla in realtà.
Rethinking Economics Italia
Alla vigilia di ogni crisi finanziaria, secondo Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, gli esperti hanno pensato “This time is different”. Eppure le crisi hanno continuato a susseguirsi.
Ma l’ultima crisi potrebbe davvero rivelarsi diversa, almeno per l’insegnamento dell’economia.
In Gran Bretagna, ad esempio, il dibattito non è più solo fra economisti, ma coinvolge la stampa e gli employers dei laureati in economia. Ma se sta emergendo un consenso sulla necessità di una riforma, resta il problema di quale riforma.
La risposta dipende da convinzioni profonde sull’economia. E lo spettro è molto ampio. Secondo alcuni, le teorie economiche ortodosse hanno limiti intrinseci che ne inficiano la validità. Diversi economisti sostengono che non andrebbero insegnate affatto. Secondo altri, le teorie sono incommensurabili: esistono modi diversi di vedere l’economia, e gli studenti devono conoscerli e scegliere da che parte stare.
Lo stesso vale per il rapporto fra l’economia e le altre scienze sociali. A un estremo dello spettro delle posizioni, gli economisti non hanno bisogno di conoscere le altre scienze sociali. Per altri, all’estremo opposto,l’economia non aggiunge alcunché a quanto detto dalla sociologia o dalla scienza politica.
I vari tentativi di riformare l’insegnamento dell’economia riflettono posizioni specifiche all’interno di questo spettro.
Ho discusso questi temi con studenti, accademici ed employers. E queste discussioni hanno preso una forma concreta nel nuovo BA in Economics del Goldsmiths.
Il Goldsmiths è uno dei college costitutivi della University of London, insieme a UCL e LSE fra gli altri, ed è particolarmente noto per le scienze umane e sociali.
Il nostro obiettivo è rendere l’economia pluralista in due direzioni.
Una direzione è interna all’economia stessa. Gli studenti padroneggiano una varietà di teorie e metodi empirici, ortodossi e non, sviluppati da diverse tradizioni economiche. Inoltre, nei corsi di storia economica e storia del pensiero economico, le teorie sono messe in relazione con i problemi fronteggiati dalle economie nel periodo storico in cui sono emerse.
Nel concepire questo approccio siamo stati influenzati da Amiya Kumar Dasgupta, secondo cui non è un caso che che l’economia politica classica sia emersa insieme alla rivoluzione industriale, che il marginalismo si sia affermato in una fase più matura dello sviluppo economico, e che Keynes abbia scritto in un’epoca in cui l’investimento privato non era sufficiente a garantire la piena occupazione. In quest’ottica, le diverse teorie si prestano a spiegare fenomeni diversi, ognuna con i propri vantaggi e limiti.
C’è poi il rapporto fra l’economia e le altre scienze sociali. L’esigenza di una prospettiva interdisciplinare si è concretizzata nell’offerta di cinque streams (Communication and Technology, Markets and Organisations, Human Behaviour and Choice, The Creative Impulse, e Concepts, Ideas and Perspectives). Ogni stream include corsi insegnati in altri dipartimenti (sociologia, psicologia, scienze politiche, antropologia e altri ancora) sui temi specifici. L’idea è di permettere agli economisti di comprendere il punto di vista delle altre scienze sociali, e di sviluppare competenze su un tema specifico sulla base di un repertorio più ampio di teorie e metodi empirici.
Per completare il percorso formativo, per il terzo anno abbiamo creato corsi in cui si affrontano temi fondamentali quali le diverse crisi finanziarie, la politica commerciale cinese e la crisi dell’Eurozona, confrontando le risposte fornite da diverse teorie economiche e di altre scienze sociali. Ad esempio, nel caso delle crisi finanziarie, si confrontano modelli mainstream basati sulla Efficient Markets Hypothesis, modelli di razionalità in economia e psicologia, teorie endogene delle crisi, e approcci di sociologia della finanza.
La composizione degli studenti del corso riflette il cosmopolitismo di Londra e della sua Università. Ma sono convinto che le scuole superiori italiane forniscano una formazione particolarmente adatta per questo approccio all’economia, poiché combinano aspetti storici, filosofici, scientifici e delle scienze umane. D’altra parte Keynes stesso ci ricorda che gli economisti devono essere allo stesso tempo matematici, storici, statisti e filosofi.
Da anni gli studenti mi chiedono se esista un corso universitario che permetta di acquisire le competenze di un economista, ma anche una consapevolezza della varietà delle teorie e dei contesti storici e sociali.
Oggi questa possibilità esiste. In questo senso, this time is different.