Diversi economisti trovano nelle opere di John Maynard Keynes fonte di ispirazione e di insegnamento. Ad esempio, i keynesiani della Sintesi Neoclassica (il celebre modello IS-LM), la Nuova Economia Keynesiana (Olivier Blanchard) e gli economisti post-keynesiani si contendono l’eredità del pensiero dello studioso di Cambridge, ma è anche vero che queste diverse correnti di pensiero offrono interpretazioni dei suoi scritti anche profondamente differenti, tanto da far scaturire suggerimenti di politica economica talvolta addirittura contrapposti.
Ma chi sono i discepoli diretti di Keynes? Joan Robinson, Nicholas Kaldor e Richard Kahn sono tra i più influenti allievi dell’economista e vengono considerati i fondatori di quella che viene normalmente definita“Scuola post-keynesiana”. Sebbene questa scuola sia talmente eterogenea da non essere considerata a volte neanche una vera e propria scuola, ma piuttosto una “tradizione di ricerca” (Tortorella Esposito 2012), è possibile trovare dei punti in comune tra gli economisti appartenenti a questo filone di pensiero. King (2013), ad esempio, individua il core della macroeconomia postkeynesiana nelle sei proposizioni di Thirlwall (1993):
- I livelli di occupazione e disoccupazione si determinano nel mercato dei beni e non in quello del lavoro. Questo vuol dire che il livello di occupazione in un’economia non è il frutto dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro e non è funzione del salario reale, ma dipende dal livello della domanda effettiva.
- La disoccupazione involontaria esiste ed è provocata da un’insufficiente domanda effettiva, non da imperfezioni nel mercato del lavoro.
- Nella relazione tra investimenti I e risparmi S, il nesso di causalità va da I ad S (perché più investimenti generano più reddito e quindi più possibilità di risparmio) e non viceversa come sostiene la teoria mainstream. L’eguaglianza tra le due variabili macroeconomiche non è infatti garantita dal tasso di interesse, che è un fenomeno monetario, ma è un puro caso, dato che dipende da decisioni indipendenti di gruppi sociali differenti.
- Un’economia monetaria come quella capitalistica è differente da un’economia di baratto. La moneta non è neutrale, influenza cioè anche le variabili reali, e la finanza e il debito hanno un ruolo fondamentale nel sistema economico. La possibilità di trattenere moneta in forma liquida, ad esempio, è fonte di incertezza e può provocare un minor impiego di fattori della produzione.
- La Teoria Quantitativa della Moneta, secondo cui una variazione dell’offerta di moneta si riflette in una variazione proporzionale diretta del livello generale dei prezzi, è rifiutata. Nell’equazione degli scambi di Fisher (MV=PY), infatti, la velocità di circolazione della moneta V non è considerata costante ed il livello di beni prodotto Y non è dato perché non viene determinato nel mercato del lavoro. La moneta è endogena, ossia creata dal sistema bancario in base alla domanda proveniente dal settore produttivo, per cui il nesso di causalità nell’equazione degli scambi (MV=PT) va da sinistra a destra e non viceversa.
- Le economie capitalistiche sono guidate dagli animal spirits degli imprenditori, che determinano il livello degli investimenti.
Fonti
Arestis P., Sawyer M., “Reinventing Fiscal Policy”, The Levy Economic Institute, Working Paper No. 381, 2003.
King J. E., “A Brief Introduction to Post Keynesian Macroeconomics”, Wirtschaft und Gesellschaft– WuG, vol. 39, issue 4, 2013, pp. 485-508.
Lavoie M., Post-Keynesian Economics: New Foundations, Edward Elgar, Cheltenham, Uk, Northampton, MA, USA, 2014.
Pizano D., “A conversation with Professor Joan Robinson”, in Pizano D., Conversations with great economists, New York: Jorge Pinto Books, 2009, pp. 81-108.
Setterfield M., “Introduction: a dissenter’s view of the development of growth theory and the importance of demand-led growth”, in M. Setterfield (ed.), The Economics of Demand-led Growth: Challenging the Supply-side Vision of the Long Run, Edward Elgar, Cheltenham, 2002, pp. 1-16.
Thirlwall A. P., “The Renaissance of Keynesian Economics”, in Thirlwall, A. P., (eds.), Essays on Keynesian and Kaldorian Economics, Palgrave Macmillian, 1993, pp. 111-118.