Dopo aver introdotto brevemente nel precedente articolo le caratteristiche principali della tradizione di ricerca post-keynesiana, in questo secondo appuntamento si introducono due aspetti fondamentali della critica al paradigma neoclassico: il funzionamento del ciclo economico e la distribuzione del reddito.
 

Come ha dimostrato l’articolo precedente di questa serie, la contrapposizione con il quadro teorico neoclassico è radicale. In particolare, Graziani (2001, pp. 462-463) riconduce la critica post-keynesiana principalmente a due aspetti:il funzionamento del ciclo economico e la distribuzione del reddito.

 

Il capitalismo viene considerato un’economia essenzialmente monetaria, in cui gli agenti economici guardano agli obiettivi e ai vincoli di natura monetaria e perdono di vista le grandezze reali. Nell’ottica neoclassica, invece, gli imprenditori fissano il proprio obiettivo di produzione in termini reali e non di incassi. Secondo gli economisti post-keynesiani, al contrario, gli imprenditori sono preoccupati di restituire il finanziamento ricevuto all’inizio del circuito monetario e, dunque, massimizzano il profitto in funzione del rimborso del proprio debito con le banche. Massimizzano, cioè, la differenza tra due flussi monetari con la conseguenza di trascurare le grandezze reali. Per dirla con Keynes (1933, pp. 81-82), “un imprenditore non ha interesse alla quantità prodotta, ma alla quantità di moneta di cui entrerà in possesso. Egli aumenterà la produzione soltanto se, facendo così, egli si attende di accrescere il profitto monetario, anche se questo profitto è rappresentato da una quantità prodotta minore di prima”.

 

Per quanto attiene alla seconda principale critica che i postkeynesiani avanzano alla scuola neoclassica secondo Graziani, ossia alla distribuzione del reddito, l’economista ricorda che i neoclassici sostengono la teoria marginalista della distribuzione. Secondo questa teoria il prezzo del servizio di ciascun fattore produttivo è pari alla sua produttività marginale e, dunque, la distribuzione del reddito è commisurata al contributo dato alla produzione dal singolo fattore. La tradizione di ricerca post-keynesiana rifiuta questa visione e sostiene una teoria conflittuale della distribuzione. Il reddito prodotto si distribuisce in base ai rapporti sociali e di forza esistenti e non in base a regole di natura economica. Joan Robinson, in saggi come Normal Prices e A Model of Accumulation, dà un forte contributo alla formulazione di una teoria alternativa post-keynesiana della crescita e della distribuzione (Screpanti E., Zamagni S., 2004, pp. 49-50).

 

In un’economia che cresce con presenza di disoccupazione e di sottoutilizzazione degli impianti, l’ipotesi è che i prezzi vengano fissati applicando la regola del mark-up a dei costi diretti che vengono assunti costanti. La distribuzione del reddito, di conseguenza, risulta determinata dalle scelte delle imprese e, in particolare, dipende dalla loro politica dei prezzi che, a sua volta, dipende dal grado di monopolio medio prevalente nell’economia. L’analisi della Robinson si arricchisce anche con l’introduzione del ruolo dei sindacati che lega la formazione del mark-up medio, e quindi la distribuzione del reddito, ai rapporti di forza tra le classi. I salari monetari, quindi, non dipendono tanto dalla domanda di lavoro ma soprattutto dai rapporti sociali e dal conflitto.
Dati i rapporti di forza, i salari e i prezzi non variano al variare dell’occupazione nel modo descritto dalla celebre equazione di Phillips. I salari, infatti, non aumentano necessariamente all’aumentare dell’occupazione ma, secondo gran parte dei post-keynesiani, il loro tasso di crescita è esogeno, dato da circostanze storiche e sociologiche (Lavoie 2014, p. 543). Tra i fattori vi è certamente la forza contrattuale dei lavoratori rispetto ai datori di lavoro, che può essere influenzata positivamente da una riduzione della disoccupazione, ma solo in determinati contesti storici e condizioni socio-politiche.

 

L’inflazione, come vedremo meglio nel prossimo appuntamento, non è quindi semplicemente riconducibile a incrementi della domanda, ma a fattori diversi e conta molteplici cause.

 

 

Fonti

 

Graziani A., Teoria economica: macroeconomia, V Ed., Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2001.

 

Keynes J. M., Collected Writings, vol. XXIX, 1933.

 

Lavoie M., Post-Keynesian Economics: New Foundations, Edward Elgar, Cheltenham, Uk, Northampton, MA, USA, 2014.

 

Screpanti E., Zamagni S., Profilo di storia del pensiero economico. Gli sviluppi contemporanei, III Ed., Carrocci Editore, Roma, 2004.

 

Smithin J., “Inflation”, in The Elgar companion to post Keynesian economics, edited by J.E. King, Cheltenham, UK | Northampton, MA, Edward Elgar, 2003.

 

Tortorella Esposito G., La letteratura post-keynesiana «scuola di pensiero» o «tradizione di ricerca»?, Sestante Edizioni – Bergamo, 2012.

Di Angelantonio Viscione

Angelantonio Viscione, Ph.D. in Economia Politica, è Consulente protezione sociale INPS. Ha lavorato come assegnista di ricerca all'Università del Sannio (BN) e come collaboratore presso il consorzio Promos Ricerche (NA). All'Università del Sannio ha avuto anche contratti di didattica integrativa in Fondamenti di Economia Politica e in Economia del Lavoro. Dal 2015 fa parte della segreteria organizzativa della rivista scientifica Economia e Politica. I suoi articoli e le sue pubblicazioni sono sul suo blog . Le opinioni espresse dall'autore non rappresentano necessariamente la posizione dell'istituto di appartenenza.