Introduzione
Nel corso della storia, pochi manuali di economia hanno avuto tanto successo e diffusione negli ambienti universitari come Macroeconomics – tra gli altri si annovera Economics di Paul Samuelson e William Nordhaus, apparso nella sua prima edizione nel 1948. Il suo autore, Olivier Blanchard, è uno tra gli economisti più noti ed influenti sul panorama accademico mondiale; di origine francese, professore al MIT di Boston, Blanchard è stato fondatore e, fino poco tempo fa, direttore del centro di ricerca presso il Fondo Monetario Internazionale (FMI). La prima versione del suo manuale risale al 1996; in Italia, da oltre un decennio viene pubblicato dalla casa editrice il Mulino, con la collaborazione di Alessia Amighini e Francesco Giavazzi.
Si tratta del libro di testo che rappresenta, da un punto di vista sia analitico che teorico, l’espressione più avanzata del pensiero “mainstream,” ovvero la sintesi tra economia neoclassica e neokeynesiana – anche definito “nuovo consenso”, che rappresenta oggi il pensiero dominante. Tale scuola di pensiero ha assunto negli ultimi decenni una posizione egemone a livello accademico. Inoltre, si tratta del faro di riferimento per le istituzioni politiche dei paesi occidentali che, a partire dagli anni Novanta, ma più particolarmente nei recenti anni di crisi, hanno seguito nella definizione delle loro politiche economiche.
Nel 2012, con l’intento di esaminarne i fondamenti ed indagarne gli eventuali limiti, Emiliano Brancaccio, professore di Economia Politica all’Università del Sannio, pubblica l’Anti-Blanchard, in risposta al famoso manuale dell’economista francese. Come scrive nella prefazione del libro, Brancaccio è mosso dall’intento di “proporre una nuova chiave di lettura, più approfondita e più critica, di quello che ad avviso di molti può essere considerato il più accurato libro di testo nel campo della macroeconomia ortodossa contemporanea”. Il modello alternativo di Brancaccio trae spunto da quella letteratura economica che viene definita “teoria critica”, tra i cui padri ispiratori si ritrovano le figure di Karl Marx, Michal Kalecki, John Maynard Keynes, Piero Sraffa e altri. A dire il vero, il contributo di Keynes è presente in entrambe le tradizioni. Tuttavia, per gli economisti ortodossi la teoria keynesiana altro non è che un caso particolare di breve periodo della tradizione neoclassica; gli economisti critici, invece, le attribuiscono una valenza generale e di lungo periodo, così come il nome della famosa opera del 1936, “La Teoria Generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta,” lasciava alludere: .
Ripercorrendo l’analisi dell’Anti–Blanchard, descriveremo brevemente, e in via prevalentemente teorica, il modello mainstream, per poi presentarne le criticità evidenziate nel modello alternativo, soprattutto rispetto al mercato del lavoro.
Il modello di Blanchard
Il modello “mainstream” di Blanchard viene definito modello di equilibrio macroeconomico generale con imperfezioni di mercato. Difatti, esso non descrive un sistema economico astratto di pura concorrenza. Al contrario, tale sistema economico ammette il ruolo dei sindacati come indice di conflittualità dei lavoratori e il grado di competitività del mercato, allargando la prospettiva analitica anche alla presenza di mercati non perfettamente concorrenziali.
Il modello di Blanchard è meglio conosciuto come modello AS-AD. L’AD rappresenta la domanda aggregata (o aggregate demand), che viene generata a partire dal modello IS-LM; l’AS sta ad indicare l’offerta aggregata (o aggregate supply), determinata dal modello del mercato del lavoro e dai principali fattori che incidono sulla scelta produttiva delle imprese (costo dell’energia e delle altre materie prime).
Il modello IS-LM consente di ricavare i valori della produzione e del tasso di interesse che generano l’equilibrio tra il mercato dei beni (IS) e il mercato della moneta (LM). Dati questi valori, è possibile tracciare la curva di domanda aggregata (AD), la quale presenta una relazione inversa tra il livello dei prezzi e la domanda di merci, e quindi la produzione. L’equazione della domanda aggregata è così rappresentata:
AD: Y = f(G, T, M/P) (1)
La relazione inversa tra i prezzi (P) e la domanda di merci e quindi la produzione (Y) è dovuta al fatto che un aumento dei prezzi comporta una riduzione del valore reale delle scorte di moneta (M/P) detenute dalla popolazione. Gli individui reagiscono a queste contrazione di scorte monetarie vendendo attività finanziarie a loro disposizione al fine di ottenere maggiore liquidità. Tale operazione spinge i prezzi delle attività verso il basso, quindi il tasso di interesse in alto. La conseguenza sarà un calo degli investimenti, divenuti ora più onerosi da finanziare, un calo della domanda e quindi della produzione e dell’occupazione. L’AD decrescente è una ipotesi fondamentale per il funzionamento del modello mainstream; ipotesi, questa, che sarà al centro delle critiche dell’analisi di Brancaccio.
Il modello del mercato del lavoro consente di determinare l’offerta aggregata (AS). Nel mercato del lavoro si incontrano due curve rappresentanti (i) i salari reali richiesti dai lavoratori e (ii) i salari reali offerti dagli imprenditori. La prima equazione, W/P = F(u,z), sancisce che i salari reali richiesti dai lavoratori sono una funzione negativamente correlata al tasso di disoccupazione (u) e positivamente correlata ad una variabile residuale che cattura prevalentemente il livello di conflittualità, o di protezione, dei lavoratori (z). In altre parole, maggiore è il tasso di disoccupazione, maggiore sarà la forza contrattuale dei datori di lavoro, minori quindi i salari richiesti dai lavoratori; considerando il grado di conflittualità dei lavoratori, una maggiore protezione di essi, dovuta per esempio ad una legislazione più incline alla tutela dei lavoratori e norme contro i licenziamenti ingiustificati, implica maggiori richieste salariali.
I salari reali offerti dagli imprenditori, invece, saranno definiti in base al prezzo che questi decideranno di applicare alle merci vendute. La funzione del prezzo è: P = (1+μ)W/A. Quindi il prezzo al quale le merci vengono vendute è determinato dal costo di lavoro per unità di merce, W/A (W = salario, A = produttività), maggiorato di un margine di profitto per ogni merce venduta, ossia μ. Quest’ultimo, anche detto mark-up, è influenzato dal grado di competitività del mercato: se nel mercato c’è molta concorrenza, le imprese saranno costrette ad applicare un mark-up inferiore per essere più competitive; al contrario, se i mercati sono più concentrati, le imprese hanno maggiore potere di mercato e fisseranno prezzi, e quindi mark-up, più elevati. La cosa più importante è che, secondo il modello di Blanchard, il mark-up, al pari della produttività, è un parametro esogeno che le imprese manterranno, per lo meno nel breve periodo, sempre invariato. Ciò significa che se i salari nominali aumentano, le imprese decideranno di aumentare proporzionalmente anche i prezzi, mantenendo fisso il mark-up. Come vedremo in seguito, questo sarà un altro postulato che Brancaccio metterà in discussione nel suo modello alternativo.
Con qualche piccolo spostamento dei fattori si ottiene l’equazione dei salari reali offerti dagli imprenditori:
W/P = A/(1+μ), dove sia A che μ sono costanti.
L’intersezione delle due curve dei salari reali determina l’unico livello salariale in corrispondenza del quale le richieste dei lavoratori sono soddisfatte dalle offerte delle imprese. Per questo motivo, il tasso di disoccupazione ad esso associato è definito tasso di disoccupazione naturale, ossia quello stato naturale dell’economia a cui dovrebbero tendere le forze del mercato, l’unico in grado di garantire la stabilità dei prezzi e salari. Infatti, in tutti gli altri casi si verificano spinte inflazionistiche o deflazionistiche, rispettivamente se il tasso di disoccupazione è minore o maggiore rispetto al suo livello naturale.
L’analisi sopra esposta ci consente di identificare la curva dell’offerta aggregata e poi giungere al modello completo AS-AD.
L’offerta aggregata, ottenuta dall’uguaglianza delle due curve dei salari e qualche sostituzione aggiuntiva, è definita come segue:
AS: P = [(1+μ)/A]PͤF(1-Y/AL ; z) (2)
L’equazione (2) presenta una relazione diretta tra la produzione Y e il prezzo P: se aumenta la produzione Y, diminuisce il tasso di disoccupazione (u=1-Y/AL), i lavoratori, avendo maggiore forza contrattuale, richiedono aumenti salariali che le imprese, dato il mark-up costante, scaricano sui prezzi P.
Una volta generate le equazioni della domanda aggregata e dell’offerta aggregata, il modello AS-AD è pronto. Esso è rappresentato dall’intersezione delle due curve: l’AD, come abbiamo visto, decrescente, e l’AS crescente. La loro intersezione determina il livello dei prezzi (asse delle ordinate) compatibile con il livello di produzione naturale (asse delle ascisse) e quindi con il tasso di disoccupazione naturale (modello del mercato del lavoro); lo stato d’equilibrio a cui le forze del mercato tendono portare l’economia nei periodi di tranquillità.
Prima di passare all’esame del modello alternativo, conviene vedere come funziona il modello AS-AD. Ipotizziamo di trovarci in una situazione di recessione dovuta ad una mancanza di fiducia nel futuro da parte degli imprenditori. In una situazione come questa, il livello di produzione è inferiore rispetto a quello d’equilibrio, così come il tasso di disoccupazione è maggiore del suo livello naturale (nel modello AS-AD, l’AD si è spostata verso sinistra). L’elevata disoccupazione rende più deboli i lavoratori, i quali saranno spinti a moderare le loro richieste salariali; i salari nominali si riducono. A questo punto, le imprese ridurranno proporzionalmente i prezzi per risultare più competitive, ipotizzando che non “approfittino” della contrazione dei salari e mantengano invariato il loro margine di profitto, μ. La riduzione dei prezzi comporta una diminuzione dei prezzi attesi, che genera a sua volta una nuova riduzione dei salari e così via. L’economia si avvita in una spirale deflattiva, e l’AS si sposta vero il basso (da A’ a A”).
Quale sarà l’impatto della riduzione dei prezzi sulla domanda? Si ricordi quanto definito all’inizio del modello di Blanchard a proposito dell’AD decrescente. La riduzione dei prezzi comporterà una aumento del valore reale delle scorte monetarie (M/P) detenute dalla popolazione. L’eccesso di scorte monetarie sarà investito in attività finanziarie, causandone un aumento del prezzo e contemporaneamente una riduzione del tasso d’interesse. La riduzione dei tassi di interesse comporterà un livellamento di tutti i tassi sul mercato finanziario, compreso quello richiesto dalle banche per elargire finanziamenti. In questo modo, gli imprenditori troveranno più favorevole indebitarsi e effettueranno nuovi investimenti, i quali rilanceranno domanda, produzione e occupazione. Questi movimenti (che fanno spostare la curva AD lungo la curva AS) avranno luogo fino a quando il livello della produzione tornerà al livello d’equilibrio antecedente la crisi, in prossimità del quale il tasso di disoccupazione sarà tornato al suo livello naturale.
Per concludere, il modello AS-AD ci illustra che le forze del mercato, se lasciate a se stesse, sono in grado di riportare l’economia al suo livello d’equilibrio, senza la necessità di ricorrere a politiche espansive da parte delle autorità centrali. Inoltre, ulteriori conclusioni che si possono trarre sono la neutralità della moneta e la virtù della moderazione salariale, ossia un quadro legale che indebolisce, anziché proteggere, i lavoratori e spinge questi ultimi a moderare le richieste salariali. Ciò si dovrebbe tradurre in una maggiore domanda di lavoro da parte delle imprese e quindi una riduzione permanente del tasso di disoccupazione.
Risulta evidente, come scrive Brancaccio, che “il modello AS-AD ci consente di avvalorare alcune tipiche posizioni liberiste”. I due postulati fondamentali su cui il modello di Blanchard poggia sono (i) l’inclinazione decrescente dell’AD, e (ii) il carattere esogeno del mark-up e della conflittualità dei lavoratori. Sarà proprio attorno a queste due ipotesi che la critica di Brancaccio si concentrerà, per poi tradursi in un modello macroeconomico alternativo da comparare a quello mainstream.