L’aumento del debito studentesco statunitense e la recessione causata dal COVID-19. A cosa servirà tagliare i tassi sui prestiti agli studenti? 

Negli Stati Uniti il costo dell’educazione è significativamente superiore rispetto al resto del mondo: la maggior parte delle nazioni finanziano la spesa per l’istruzione direttamente, mentre i prestiti agli studenti svolgono un ruolo significativo nell’istruzione superiore statunitense. Quasi 20 milioni di studenti americani frequentano il college ogni anno, di cui quasi 12 milioni prendono un prestito annualmente per aiutare a coprire i propri costi. 

Secondo i dati riportati dalla Federal Reserve, il totale dei sottoscrittori di un debito federale ammonta a 42,3 milioni di mutuatari, mentre il debito complessivo, in costante aumento, ammonta a circa 1,67 trilioni di dollari (oltre il triplo rispetto al 2006). Il debito medio per studente ammonta a circa 37.000 dollari. Secondo i dati del Federal Student Aid, il 92% di questi prestiti, circa 1,54 trilioni, sono di proprietà del dipartimento dell’educazione statunitense (U.S. Department of Education). Il mercato funziona essenzialmente come un programma governativo piuttosto che un mercato privato. 

I finanziamenti all’istruzione federali sono quelli maggiormente richiesti, perché presentano un tasso di interesse minore rispetto ad un prestito erogato da privati. Inoltre, il tasso dei prestiti federali è stabilito ogni anno per legge dal Congresso. I prestiti privati sono una piccola parte del debito,  rappresentano il 7% del totale del volume di prestiti,  circa 115 miliardi di dollari. 

LA RELAZIONE TRA IL TASSO DI INTERESSE E GLI STUDENT LOANS 

Il Congresso cambia (o lascia invariati) i tassi di interesse sui prestiti federali ogni anno il primo luglio. 

Gli studenti universitari non laureati (undergraduate) generalmente non possono accumulare enormi quantità di debito federale. Uno studente dipendente, ovvero uno studente non laureato e non coniugato, che ha meno di 24 anni,  prendendo in prestito il massimo consentito federale, per ogni anno, per quattro anni, avrebbe accumulato 27.000 dollari di debito; per gli studenti indipendenti il totale ammonterebbe invece a 45.000 dollari. 

Molti studenti possono metterci anche cinque o sei anni per completare una laurea di quattro anni, ma non possono prendere in prestito più del limite consentito. Gli studenti laureati, invece hanno limiti di prestito molto maggiori (20.500 dollari all’anno). 

Nel 2020, in tempi di coronavirus, i tassi di interesse dei prestiti sovvenzionati sono scesi dal 4,53% al 2,75% sui prestiti diretti agli studenti universitari, mentre i tassi sui prestiti diretti non sovvenzionati per gli studenti laureati sono scesi dal 6,08% al 4,3%. 

Questo taglio era esattamente quello che ci si aspettava, poiché il Congresso tende a tagliare i tassi di interesse quando l’inflazione è elevata, mentre in un periodo di bassa inflazione tende ad alzarli. I tassi di interesse sui prestiti si sono quindi adeguati in buona parte all’andamento economico, calando in tempi di crisi e alzandosi in tempi più prosperi. 

I tassi  sono stati tagliati in maniera sostanziale nei primi anni 2000 (Dot-com Bubble) e durante la crisi dei mutui subprime. In entrambi i casi vi è stato un aumento delle iscrizioni sia delle università pubbliche che private. Nel 2002 si è verificato un “boom” di iscritti del +6.69% rispetto all’anno precedente, mentre nel 2009 si è registrato un aumento del +7.07%, a fronte di un aumento medio dell’1.82% in venticinque anni. 

Negli anni appena citati, se si guarda al semplice rapporto tra aumento del tasso di iscrizioni e l’aumento dei prestiti in funzione della variazione dei tassi di interesse federali, si nota che questo rapporto è passato dal 70% del 2008-2009, quando il tasso sui prestiti sovvenzionati era al 6%, fino ad arrivare all’86% nel 2011-12, quando il tasso è sceso al 3,4%. 

In questi anni, dunque, la richiesta dei prestiti è aumentata notevolmente sia rispetto al numero di iscritti che in proporzione alla richiesta di altri prestiti. 

Queste evidenze non vengono però riscontrate da una branca dell‘economia chiamata Finanza Comportamentale. La Finanza Comportamentale tende a smentire la causalità tra i due eventi , in quanto non si conoscono studi empirici che stimano una relazione causale tra l’iscrizione al college e il tasso di interesse applicato sui prestiti. Uno “sconto” dei tassi di interesse può non essere considerato tangibile quando gli studenti decidono di iscriversi al college, poiché essi riceveranno comunque gli stessi fondi indipendentemente dal tasso di interesse del prestito, che sia del 2%, 4% o del 10%. 

Sarà interessante constatare se il minore tasso di interesse registrato in questo periodo si tradurrà in maggiori quote di prestito. 

DOVE RISIEDE IL VERO PROBLEMA 

L’istruzione è un investimento, e come tutti gli investimenti crea costi nel presente ma offre vantaggi in futuro. 

Un aspetto importante riguarda il capire se il college sia realmente un investimento vantaggioso per la maggior parte degli studenti e se nel lungo periodo i benefici siano maggiori rispetto al debito conseguito. 

Ai mutuatari è stato detto che dopo l’istruzione superiore, le competenze avanzate si sarebbero tradotte in guadagni più elevati e maggiori chance di occupazione. In molti casi ciò non è accaduto, e molte generazioni di mutuatari sono intrappolate nei debiti. 

Di Stefano Falcone

Stefano Falcone ha studiato all'Università di Torino, conseguendo il diploma di secondo livello in Economia e Management internazionale e ricevendo ,per la rilevanza e la profondità della ricerca svolta, una menzione alla sua tesi sugli student loans.